“Solo bei ricordi”
(NamJoon, RM: Right People, Wrong Place)
Avete presente quando arriva dicembre, l’anno sta per volgere al termine e si tirano le somme di quello che è successo in questi mesi, consapevoli che tra poco arriverà gennaio e come sempre ci riprometteremo che andrà tutto bene, che ci iscriveremo in palestra, ci metteremo a dieta ma soprattutto sapremo affrontare meglio le delusioni? Ci auguriamo di vivere solo momenti belli e al contempo abbiamo paura a lasciare andare quelli passati perché sono la nostra riserva di energia che ci spinge ad andare avanti.
Nel documentario di RM, appena uscito al cinema, nel quale il leader dei BTS racconta gli otto mesi di preparazione del suo ultimo lavoro Right Place, Wrong Person, NamJoon ha fatto scorta di bei ricordi da rivivere durante i mesi del servizio militare.
In un’ora e venti minuti porta lo spettatore in giro per il mondo, a seguirlo tra sale di incisione, servizi fotografici, video musicali, mentre fa namjooning con gite fuoriporta in compagnia di San Yawn, del regista Lee Seok-jun e di tutti coloro che hanno collaborato all’album e che trovano il loro spazio in piccole interviste all’interno del documentario che alterna una fotografia moderna a fotogrammi animati e riprese quasi amatoriali che ci riportano a tempi passati con la scelta del formato super 8mm e 16mm. Queste scelte non sono state casuali e si intersecano alla perfezione all’interno della narrazione, mostrando le mille sfaccettature di RM e tenendo attiva l’attenzione dello spettatore che non riesce a prevedere cosa ci sarà nella scena successiva.
Ok, è un documentario ergo non ci sono grossi colpi di scena, l’incertezza di un lieto fine o un triste epilogo perché non è una storia eppure in realtà lo è. Non è una storia di fantasia, non è neanche una propria biografia ma sono momenti di vita al quale -consapevolmente o meno- hanno partecipato tutti coloro che hanno ascoltato l’album e, per chi ha vissuto e/o visto le live di NamJoon, i suoi aggiornamenti nelle storie e post di instagram, è come sfogliare un album di ricordi.
Si parte con l’idea alla base di RPWP, la persona sbagliata nel posto giusto, l’eterna condanna dell’uomo che vive nella costante ricerca di trovare un significato nella propria vita che lo spinga a non considerarsi e a non esser definito dagli altri come un fallito. Per NamJoon, l’uomo ricerca l’approvazione nella vita come Sisifo, la figura mitologica che, punita da Zeus, è costretta a spingere per l’eternità un masso dalla cima di un monte nell’oltretomba. Così lui stesso nella sua veste di leader è stato spinto per anni -soprattutto da se stesso- a mantenere un determinato comportamento, a cercare di esser il volto e l’equilibrio del gruppo, rincorrendo quell’equilibrio per esser il punto fermo dei membri e per il resto del mondo.
Lo ammetto: quando sono partiti per il militare, non ho avuto paura per Jin e neanche per Hobi ma per RM sì e un pochino pure per Jimin e JungKook, nonostante sia consapevole della loro forza fisica e mentale. Ho sempre visto NamJoon farsi carico degli altri e temevo il momento in cui si sarebbe ritrovato solo, senza essere lui la figura di riferimento e guida ma ad esser lui stesso guidato.
Problema che in realtà si è posto durante la preparazione dell’album perché stavolta NamJoon seguiva le direttive di Yawn, il quale era costretto a sua volta a capire gli sbalzi di umore di un uomo che per la prima volta si è sentito libero di agire e comportarsi in relazione alla sua età. NamJoon si è perso ma si è anche ritrovato in questi otto mesi in cui non si è fatto carico di alcun problema se non parlare di musica come un musicista, come agli esordi, cercando di capire se poteva funzionare o meno il suono di un basso o una chitarra o le diversi voci che sono presenti nelle tracce.
Non è un documentario semplice da guardare, per chi non conosce i BTS può sembrare il racconto di un ragazzo che si muove da un punto all’altro del mondo, insomma una vita incredibile che lo porta anche a bordo di uno yatch per raggiungere il palco in tempo per la BTS Festa del 2023 (momento che ha fatto sorridere tutte le persone presenti in sala, rivedendo NamJoon vittima di uno scherzo telefonico di JungKook) ma per chi conosce RM è stato ancora più strano. Non in senso negativo ma ho visto per la prima volta Nam essere libero, rilassato, spensierato mentre posa per le foto promozionali dell’album in scene di vita quotidiana, come una persona qualunque, trasformandosi in un cameriere, in un invitato ad un matrimonio, nel DJ di una festa o ancora sedendosi a tavola tra sconosciuti per rappresentare la persona sbagliata nel posto giusto.
Ma cosa vuol dire realmente? Siamo noi le persone sbagliate o è il nostro modo di vedere ciò che ci circonda e la paura di ciò che gli altri pensano che ci porta a considerarci tali? A consumarci e bruciarci come un pacchetto di sigarette, a considerarci come dei titoli di coda che nessuno si ferma mai a guardare (tranne gli ARMY che aspettano il ringraziamento finale, “thank to our biggest voice, ARMY”).
Ma forse il segreto della vita è capire che si può esser ciò che si vuole, senza lasciarci condizionare dai giudizi e dalle etichette altrui, dalle definizioni che ci vengono date.
Mi è piaciuto questo documentario? Sì, è stato come vivere l’ultimo anno delle superiori. Quando entri in classe il primo giorno e sai che vuoi vivere l’anno al meglio, perché quelli saranno i ricordi che conserverai per sempre e, poi, si arriva alla fine, si arriva alla maturità, alla partenza per il militare e resta la curiosità di capire che NamJoon ci ritroveremo a giugno 2025.
Vi lascio con il video di Around the world in a day, uscito a sorpresa alla fine della settimana scorsa e che sintetizza alla perfezione il documentario di RM, il volto onesto e sincero di NamJoon.
Lor
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