Saying that it’s my fault…

Saying that it’s my fault, you’re kidding, right? Saying that this is fair, oh are you crazy. Saying that this is justice, you must be kiddin’ me!”

(BTS, Baepsae)

Tendo ad esser una persona abbastanza abitudinaria. Ad esempio, la domenica è il giorno del lavaggio capelli. È studiato nel minimo dettaglio, partendo dal mattino con lo shampoo, il balsamo o la maschera e il tempo di posa, poi li fisso nel turbante e dopo pranzo passo all’asciugatura e alla sera vado di piastra. Se per qualche motivo durante la settimana prendo impegni per suddetto giorno, anticipo la mia routine. Ma nel caso di imprevisti? Be’ la vita, come nel monopoly, ti porta a dover riprogrammare tutto e fare delle scelte. E anche se non è colpa tua e cerchi sempre di accontentare tutti, è impossibile riuscirci nella maggior parte di casi, rischiando anche di ritrovarti con dei capelli imbarazzanti il lunedì mattina.

L’ho presa alla larga, molto larga ma piano piano arrivo al nocciolo, fidatevi.

Provate ad immaginare di esser un idol, di avere tutto programmato nel minimo dettaglio tra comeback, tour e fan meeting, ma poi arriva un incidente che vi costringe all’ultimo a non poter partecipare all’incontro con i fan, tanto atteso e desiderato da entrambe le parti.

Ribaltiamo la situazione. È domenica mattina, siete a letto e vi svegliate presto con il sorriso sul viso perché tra poco avrete l’incontro online con il vostro gruppo preferito. Ma dopo un giro sui social, con notizie postate ovunque sotto forma di post o video di almeno tre ore prima, scoprite che il vostro bias o un membro del vostro gruppo preferito ha avuto un incidente stradale. Il fan meeting si terrà lo stesso ma senza di lui o lei.

Qual è la vostra prima reazione? Cosa pensate che fareste?

Personalmente, a livello umano, me ne fregherebbe poco della presenza o meno dell’idol al meeting, anzi, preferirei e propenderei più per la sua assenza. Probabilmente cercherei ovunque notizie che mi rassicurino sul suo stato di salute. Sperando almeno in un piccolo post personale col quale rassicura i fan e, non vedendolo arrivare, mi chiederei se le conseguenze dell’impatto non siano state più gravi di quanto comunicato dalla casa discografica. Mi preoccuperei che riesca a prendersi dei giorni di riposo e convalescenza, senza pensare ai ritardi nel resto della programmazione.

Eppure non per tutti è così. Il mondo del kpop ma in generale il mondo degli spettatori è diviso in schieramenti e non sempre hanno i confini ben definiti. Ad esempio, c’è quella zona grigia tra i fan e gli haters che appartiene alle solo stan (e uso consapevolmente il femminile per la netta presenza di genere) che fa paura. Perché se dagli haters ci teniamo sempre ben alla larga, è difficile riuscire a capire come funziona la mente di un/a solo/a stan e lo scopriamo solo davanti alle prime difficoltà. Davanti agli hashtag di odio verso un membro del gruppo.

Quando mi sono avvicinata al kpop, non ero abituata alle ondate d’odio verso i diversi gruppi e i rispettivi fandom che popolano questo ambiente. Forse per un fatto generazionale, sono cresciuta in un momento storico in cui ancora non esistevano i social e probabilmente questo genere di notizie/idee non giravano al di fuori delle piccole cerchie. Certo, c’era l’idol più caruccio, quello più tenerone, quello più filosofo ma da qui ad odiare o augurare la morte agli altri componenti: ne passava.

Ma domenica è successo questo. In un altro fandom, quello degli Stay, una fettina di pubblico ha deciso che Felix, membro degli Stray Kids, colpevole di aver avuto un piccolo incidente, meritasse hashtag di odio puro che sottolineassero le sue mancanze, la sua salute non proprio idilliaca, il suo esser un “peso” per il resto del gruppo (sto citando i vari commenti).

Mi ha fatto riflettere perché gli ARMY non sono poi tanto diversi. Ci sono fazioni di “solo stan haters” che approfittano di momenti particolari -come l’incidente di Suga o le insicurezze di Jin, Hobi e NamJoon- da usare come carta jolly, come tallone d’Achille da rispolverare al bisogno e tirare fuori per sfogare tutta la loro frustrazione. Non sempre sono solo troll. Questa è la cosa che fa più paura.

In tempo di pace, leggi i commenti mentre postano di quanto sia bello, buono, bravo (a momenti persino profumato) il loro bias ma già alla prima votazione -anche solo per un sondaggio stupido- si trasformano, erigendosi a giudici supremi di un tribunale inventato ad hoc che condanna tutti quelli che non la pensano come loro nell’evidenziare la netta superiorità del loro infallibile beniamino.

Ho iniziato questo pezzo, un po’ diverso dal solito, con una citazione tratta da Baepsae, “dici che è colpa mia, stai scherzando vero? Dici che è giusto, sei pazzo. Dici che è la giustizia, stai scherzando!”

Non è colpa di nessuno, un incidente può capitare a tutti, uno sbaglio pure, non siamo e non sono esseri infallibili. Se vogliamo usare un metro di giudizio sulle star, dobbiamo prima guardare noi stessi. Prima di scrivere, commentare e inventarci leoni da tastiera, proviamo a pensare a come cambiare le regole di un mondo che non permette ai panuri, ai baepsae, di seguire le cicogne, che condanna a prescindere, dimenticandosi in fretta che un gruppo non è composto da una sola persona ma, allo stesso tempo, se questa manca è come se mancasse una parte vitale di loro. Dobbiamo cambiare le regole di un mondo che pretende la perfezione dagli idol, che si dimentica troppo spesso di quanto loro sacrificano per i fan, di quanto loro siano umani.

Vi lascio con Baepsae e fatemi sapere cosa ne pensate qui e nei commenti su IG!

Lor

2 risposte a “Saying that it’s my fault…”

  1. Avatar MiDa
    MiDa

    Eccomi Zompettina del mio cuore. Hai messo nero su bianco il mio pensiero, le tue domande sono le mie. Io davvero non mi capacito. Ogni “idol” non è un Dio sceso in terra, ma è un personaggio, carne, ossa, cuore, sentimenti…emozioni. È anche lavoro, lavoro per cui ha tribolato da trainee, ore ore e ore su dei passi mai perfetti, su delle note magari stonate. È da ipocriti pensare che siano dei super uomini o donne. E se sbagliano…sia mai! Si va di CANCEL COLTURE come se niente fosse. Quel povero Cristo di Felix mica ha messo i cartelli “per favore fate che mi rompa un braccio in un incidente stradale”, pensiamo al trauma che ha subìto…e gli è andata bene. E quell’altro disgraziato, una birretta, il cordolo di un marciapiede e SBADAM, chiappe all’aria…poi da agosto è stato un delirio…e non è finita. Boh Zompetta, a volte mi chiedo se siamo normali noi o chi vive per far del male. Ok, capisco che la mentalità in Corea del Sud è ancorata su beceri moralismi…ma santo paradiso e lasciamoli respirare stì cristiani. Ascoltiamo la loro musica e siamo grati per l’arte che ci regalano. Amen. Chiudo con una frase del nostro micione: “Siamo nati per essere reali, non per essere perfetti…” 🐱🍊💜

    1. Avatar Lor

      Il problema è che il fenomeno si sta allargando anche qua perché quegli hashtag malati sono scritti in inglese e girano anche in Italia. È qualcosa che non mi spiego se non con il voler ottenere like ma anche qui….a che scopo? Diventare famoso per aver augurato la morte a qualcuno? Ah be’…mi inchino davanti a questa “genialata” 🥲

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