“…Asking the stars, every night, to take me where you are. No matter how long it takes. No matter how far you are”
(Jin, Close to You)
Quando sei un fan, ci sono poche cose che chiedi alle stelle quando esprimi un desiderio. Poter incontrare o assistere ad un concerto, anche solo una volta, del proprio idolo o gruppo preferito è tra queste.
Quando ho saputo che jhope si sarebbe esibito in Francia, ero letteralmente con il cuore a mille. E, se per me che ho visto solo pochi spezzoni dell’intera serata, attraverso uno schermo, è stata un’emozione indescrivibile, non oso immaginare cosa sia stato per i fan del kpop che hanno avuto la fortuna di assistere all’intera serata, aperta proprio da Hobi, un artista sud-coreano accolto dalle urla degli ARMY che alle prime note di Mic Drop hanno anche intonato il fanchant.
Qualcuno potrebbe descrivere il fandom come una frangia integralista che urla senza cognizione di causa e spaventa, altri direbbero che non sono né più né meno che fan di un gruppo musicale, come lo sono stati a suo tempo i fan dei Beatles e dei Rolling Stones, dei Duran Duran, degli Spandau Ballet, dei Take That, dei Backstreet Boys e delle Spice Girls e come lo sono gli Atiny, i fan degli Ateez.
Ho iniziato volutamente questo articolo accennando all’esibizione di jhope al Gala des Pièces Jaunes, lo spettacolo di beneficenza francese che ha avuto tra i suoi ospiti celebrità come Katy Perry, J Balvin, G-Dragon, Taeyang e Rosè. Artisti appartenenti al mondo della musica -che non ha bandiere né confini- e come tali accolti e applauditi dal pubblico e dalla stampa francese. E questo mi fa ben sperare per il futuro, per l’idea di un concerto dei BTS in Europa, che sia in Francia, nel Regno Unito, in Germania o in Spagna, non ha importanza.
Quello che mi preoccupa è ancora una volta l’Italia.
Se a luglio 2024 siamo rimasti sconcertati dalle reazioni di una nota rivista e di una speaker radiofonica italiana che avevano definito il mondo della musica coreana come una fabbrica di plastica e i fan “ragazzini molto giovani, vestiti da gattine”, sintetizzando il concerto degli Stray Kids come “un’oretta de musica e buonanotte. Cippicippiciapaciapa”, in questi giorni ci siamo ritrovati con un articolo di Vanity Fair Italia -prontamente rimosso dopo le critiche ricevute, ben meritate- che ha dato una visione molto personale e alquanto inquietante del concerto degli Ateez a Milano, al Forum UNIPOL, del 20 gennaio.
Non sono una fan degli Ateez, sono onesta. Non ho mai approfondito la conoscenza del gruppo, la loro composizione, storia e discografia ma, il giorno dopo il concerto, la mia homepage pullulava di storie con riprese dirette della serata ed è stato un po’ come se avessi partecipato pure io. Tutte le persone che hanno assistito erano in visibilio, stracontente di aver avuto la possibilità di poter vedere i loro idoli, fargli sentir il calore dei loro fan con la speranza che possano tornare per più date in futuro e in spazi più capienti. La stessa emozione che ho provato quando ho visto i The Rose a marzo 2024 all’Alcatraz di Milano, uno spazio ancora più ristretto ma che è stato in grado di far sentire al gruppo il calore dei fan che sono riusciti ad accaparrarsi i biglietti.
Giudizi personali a parte sul fandom che possono esser più o meno condivisibili (anche meno per me ma posso capire se si ha un orecchio sensibile alle urla e non si capisce l’emozione visibile di poter realizzare un sogno), ciò che mi ha davvero irritata è stato il commento “riconoscerli però è un altro conto”.
Allora, se presa in un altro contesto, come frase ci può anche stare eh. Ad esempio, all’inizio pure io mi chiedevo chi fosse chi nei BTS. Avevo sentito parlare di V ma non lo conoscevo ancora “musicalmente” quando ho visto Hwarang e non avevo idea di che faccia avesse. Poi, è partita la mia storia infinita con Christmas Tree e ho “conosciuto” gli altri membri e mi sono ritrovata ad indicare con le frecce i vari componenti alle nuove fan che mi chiedevano informazioni, ma solo per confermare che NamJoon era quello alto, Jimin il più basso, Suga quello con il sorriso sarcastico, Jin quello che lanciava baci a tutti, jhope quello che ballava sempre e urlava “make some noise” in apertura del concerto, JungKook era Mr Piercing e Tatuaggi ed infine TaeHyung quello di Hwarang. Un po’ come nei Backstreet Boys con Brian quello basso, Nick il biondino, AJ quello con i tatuaggi, Kevin la pertica ed Howie il tenerone.
Purtroppo però nel contesto usato, all’interno dell’articolo, suonava un po’ come sono tutti uguali. E non nel senso che è impossibile distinguere se sia cinese, coreano, giapponese etc.
Mi è capitato tre o quattro volte di esser scambiata per spagnola -sia all’estero che in Italia- e mi ha sempre dato una sensazione strana. Non che non ami gli spagnoli ma non mi sono mai vista come tale. E forse è per questo che mi sono sempre impuntata nel dire “no, non sono tutti uguali. Ma ammetto di non conoscere determinate caratteristiche antropologiche (occhio più allungato, etc…) e non mi permetto di dire che tizio sia cinese, vietnamita, tedesco o francese, senza prima aver fatto una ricerca”.
I pochi estratti dell’articolo che ho letto, quelli incriminati per intenderci, mi hanno lasciato l’amaro in bocca perché sono consapevole che queste saranno le stesse parole che verranno usate da qualche altro giornalista al prossimo concerto di un artista orientale in Italia. Tutti uguali, fotocopie tra loro senza minimi accenni alle personalità ma anche solo a caratteristiche fisiche che li differenziano da ogni altro singolo essere umano, sminuendo il talento riducendolo all’”ammiccano alle fan, mandando baci in camera e sculettando” e, infine, commentando in modo sarcastico i fan che sono riusciti a realizzare il proprio sogno.
Ho aperto questo articolo con una citazione tratta dalla nuova canzone di Jin, Close to You, parte della OST del kdrama When the Stars Gossip, perché mi sembra che riassuma bene i sentimenti di chi ama la musica e sogna di incontrare o assistere al concerto del proprio idol o gruppo preferito, chiedendo alle stelle ogni notte di portarli dove sono loro e non importa quanto tempo o quanta distanza ci sia, perché speri sempre che le stelle realizzino il tuo sogno e a volte questo diventa realtà. E lo spero per me e per tutti voi lettori!
Fatemi sapere cosa ne pensate qui e su IG e vi lascio proprio con Jin!
I purple you and Happy Seollal! Buon Anno del Serpente Blu!
Lor
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